Simone Santi, un fischietto a cinque cerchi

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Marzo 15, 2012 14:00 Updated

Simone Santi, un fischietto a cinque cerchi

Santi Simone (champions 2012)

l'arbitro tifernate Simone Santi sul seggiolone per una gara di champions league 2012

Negli anni della scuola non avrebbe immaginato che la lingua inglese sarebbe diventata importante per coronare un sogno sportivo. Il tifernate Simone Santi terrà alta la bandiera italiana all’evento più importante del pianeta terra ma dentro il campo parlerà la lingua ufficiale a livello internazionale. Tanto più che i Giochi Olimpici si svolgeranno quest’anno a Londra. E’ stato il primo umbro a sapere di partecipare alla manifestazione a cinque cerchi e lo ha saputo con una comunicazione giunta via mail quando ormai tutti la davano per certa. «Sino a che non ho ricevuto la lettera ufficiale da Losanna (quartier generale della Fivb, ndr) non ho rilasciato alcuna dichiarazione. Non si tratta di scaramanzia ma è già successo che le liste dei nominativi fossero cambiate all’ultimo minuto e qualcuno è incorso in clamorose gaffe». In effetti pare che anche stavolta sia accaduto così per un suo collega. Ma in quella lista il suo nome non poteva non esserci, lui che fa parte della ristretta cerchia dei fischietti che godono del prestigioso titolo di Fivb Referee, appellativo attribuito ad una ristretta èlite mondiale che conta solo 15 elementi. Prima di lui era toccato solo a tre italiani, l’anconetano Gaspari, il romano Porcari e il folignate Menghini. «E’ una selezione durissima ed ora posso godermi questo traguardo che era l’unico che ancora mi mancava. Con la realizzazione di questo sogno si completa un ciclo ed il percorso è completo». Per entrare nel gruppo di eccellenza dei fischietti bisogna ottenere dieci giudizi ‘very good’ che è il massimo voto attribuito dalla commissione mondiale Fivb, sette riguardanti le prestazioni da primo arbitro e tre riguardanti le prestazioni da secondo arbitro. Ma la qualifica è ancora più dura da ottenere perché deve essere rilevata in quattro anni di attività e nelle sole competizioni dove è presente la commissione, ossia le finali di World League, la World Cup, la Grand Champions Cup, i Campionati Mondiali e le Olimpiadi. Considerando che, tranne la prima manifestazione citata, le altre si tengono ogni quattro anni, si può capire bene quanto già sia difficile partecipare a questi eventi. Poi prendere per dieci volte il massimo dei voti significa che non devi sbagliare quasi nulla. «C’è da specificare però che puoi contare al massimo tre ‘very good’ per ogni manifestazione». Ad ogni modo c’è anche un altro record di cui il tifernate può andare fiero, quello di essere l’unico rappresentante dello stivale ad aver partecipato a tutte le massime rassegne iridate. «E’ vero, ho partecipato alle finali della World League ed arbitrato la finale dei Campionati Mondiali maschili, cosa che a nessun altro collega italiano era mai capitato». La sua carriera arbitrale è iniziata nel lontano 1982, punto di partenza di un percorso a tappe, è stato prima provinciale e regionale, nel 1988 è diventato nazionale, nel 1994 è passato al ruolo di serie A, e nel2001 ha acquisito il brevetto internazionale. «Appena ricevuta la designazione mi sono commosso. La prima persona che mi è venuta in mente è stata Don Bruno Bartoccini, mi era sempre stato vicino quando avevo ricevuto questi grandi riconoscimenti e li avevo sempre condivisi con lui. Sono sicuro che dal cielo avrà sorriso per questa mia gioia». Non scorda il suo mentore sportivo oltreché spirituale scomparso a fine novembre 2011 e con la voce rotta dall’emozione continua. «Quando ho cominciato la carriera lui era arbitro di serie A. Mi ha fatto crescere molto, era quello con cui condividevo le mie soddisfazioni, ma era anche un amico di famiglia. La mi maturazione è avvenuta anche grazie al Città di Castello allenato da Fausto Polidori, che settimanalmente mi chiamava per dirigere le amichevoli. Devo perciò ringraziare queste persone che mi hanno fatto crescere tantissimo, anche perché in quel periodo nella squadra tifernate c’erano tanti campioni: per esempio il grande Tomasz Wojtowicz». Nella vita di tutti i giorni, il direttore di gara tifernate è un giornalista che ama profondamente il suo lavoro. Un professionista con la passione per il volley come ammette lui stesso. «E’ un’attività che mi consente di vivere, mentre la pallavolo è una passione che non lo consente. Dirigo la sede di Città di Castello di Trg, e devo ringraziare la proprietà per la disponibilità che dimostra nei miei confronti quando sono costretto a lunghi periodi di ferie». Il giornalismo è per lui qualcosa di speciale. «Mi piace tantissimo, ora è una professione, prima era un hobby. Ho iniziato a scrivere e a fare trasmissioni radiofoniche dall’età di 15-16 anni. Sono iscritto all’Ordine dal 1989. E’ senz’altro un lavoro impegnativo». Avere il cosiddetto conflitto d’interessi e non poter scrivere dell’argomento volley un po’ gli è pesato in tutti questi anni. «A volte mi prenderebbe voglia di scrivere, ma la deontologia me lo impedisce. I colleghi giornalisti di pallavolo sono solitamente appassionati e competenti, per cui non ci sono mai problemi particolari, ma se fai cavolate non ti fanno sconti». E’ sposato con Sabine ed è padre di due figli Bianca Maria di 15 anni ed Alberto di 12 che giocano a pallavolo e quando possono lo seguono per i campi della penisola. «Se sono arrivato qui è per merito della mia famiglia, devo assolutamente ringraziare mia moglie che ha sopportato le mie ripetute assenze, specie durante il periodo estivo, sostenendo sempre la mia passione». Con una padre così illustre era inevitabile che i figli si avvicinassero alla disciplina delle schiacciate, ma senza subirne la presenza. «In realtà il maschio aveva iniziato con il calcio ma poi si è innamorato del volley. I miei figli non solo mi appoggiano, ma in un certo senso se ne approfittano. Quando sono al mio seguito sfruttano ogni occasione per fare le foto con i giocatori e per accaparrarsi maglie, tute e gadgets vari che mi vengono dati, ormai non ho più un guardaroba mioQuando è possibile porto tutta la famiglia alle partite e ne approfittano per entrare in campo e fare le foto con i giocatori e per racimolare qualche gadget, in sostanza mi hanno ripulito di tutte le maglie tute e borse che nel tempo mi avevano regalato i vari amici». Non uno però, un oggetto molto caro a Simone. «Il pallone della finale dei Mondiali di Roma lo custodisco gelosamente in un angolo del mio ufficio, quello è un bel ricordo che voglio conservare». Così come in una bacheca di casa la moglie ha riposto i premi ed i riconoscimenti che negli anni gli sono stati attribuiti. «Il pallone d’oro che mi è stato assegnato dalla Lega Pallavolo di serie A maschile nel 2002 ed il premio Ilario Toniolo che mi è stato conferito prima nel 2003 e poi nel 2008 sono di quei trofei di cui posso andare fiero perché, nel primo caso sono i giudizi attribuiti da una giuria di giornalisti, mentre nel secondo sono state le società sportive a determinarlo». Nato a Città di Castello il 24 maggio1966, in carriera ha vinto diversi premi individuali, nel 2002-2003 l’Oscar del Volley categoria arbitri assegnato da una giuria di giornalisti, nel 2003-2004 e nel 2007-2008 il premio ‘Toniolo’ della Lega Pallavolo come miglior arbitro di A1. E’ stato anche insignito nell’ambito del premio annuale tifernate del titolo ‘Città di Castello nel mondo’. A livello internazionale ha diretto più di 30 gare di Champions League, una finale di European League, un Campionato Europeo, una Universiade, una Gran Champions Cup, due World Cup, un Campionato Mondiale e la Final Six di World League. In Italia dieci finali scudetto e due finali di Coppa Italia. A Londra ci è già stato per la Olympic Sport Event 2011, una prova generale proprio dei Giochi Olimpici. Il suo palmares personale è ricchissimo ma, come dice il celebre proverbio, la prima finale scudetto non si scorda mai. «Ricordo con piacere la prima finale scudetto, il 13 maggio del 2000, che valse la vittoria di Roma contro Modena». Con questo curriculum infinito verrebbe da pensare che a livello economico le soddisfazioni sono altrettanto elevate, ma un parallelo col mondo miliardario del calcio è improponibile. «Lasciamo perdere, il paragone non si regge, nel calcio un arbitro arriva a prendere 5’000 euro a partita, ossia oltre dieci volte tanto quello del volley. In Champions League il rimborso è addirittura minore che non nel campionato italiano, ma è un passaggio obbligato per la carriera ed è una soddisfazione poterci essere. Nella massima rassegna continentale per club sei trattato sempre molto bene, gli hotel ed i ristoranti sono di gran lusso, ma nella sostanza quando vai in trasferta, tra regali ed acquisti vari, rischi di spendere più di quello che è il compenso». Ad ogni modo la carriera da arbitro non è tutta rose e fiori e di certo non dura in eterno. «Con il raggiungimento del traguardo Olimpiadi chiudo un cerchio. D’ora in poi non sarò solo io a decidere, ma tutta la famiglia. I sacrifici fatti stando fuori ogni estate per quasi un mese sono stati ampiamente ripagati ma ho sottratto del tempo alla famiglia e non voglio più penalizzare i miei affetti. Nel campionato tricolore posso sicuramente continuare ad impegnarmi ma a livello internazionale dovrò fare una seria riflessione». Intanto si avvicina a grandi passi l’evento sportivo più importante del pianeta terra, quello a cinque cerchi, e Simone Santi si prepara a vivere questa memorabile esperienza. Ai tempi della scuola non avrebbe immaginato che l’inglese gli sarebbe servito a questo, ma ora a Londra ci sarà lui a sostenere il made in Italy. Mister Santi… congratulation!

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