Da Spoleto a Foligno, lo sfogo delle ‘emigranti’

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Ottobre 31, 2012 00:01 Updated

Da Spoleto a Foligno, lo sfogo delle ‘emigranti’

pallaCi siamo convinte a scrivere una lettera aperta perché riteniamo opportuno portare all’attenzione della città la nostra storia, quella più recente, che racconta di una squadra di pallavolo femminile di seconda divisione fatta di dieci atlete, più o meno giovani, conosciute da tutti e sempre pronte, negli anni, a mettersi al servizio di tutti quei progetti e quelle realtà che si sono via-via affacciate nel mondo della pallavolo spoletina, con spirito di squadra e senso di responsabilità, come lo sport ci ha fortunatamente insegnato. Per raccontare la nostra storia abbiamo deciso di partire dall’epilogo, dalla conclusione. Dieci ragazze, praticamente una rosa completa, costrette ad emigrare per potere continuare a schiacciare sotto rete. Sì, è così, abbiamo dovuto chiedere ospitalità, o asilo sportivo come dice qualcuno, a una storica società di Foligno, l’unica disponibile ad accoglierci, a farci allenare durante la settimana e, soprattutto, l’unica orgogliosa di vederci indossare la maglia della squadra. Dalla fine di luglio, per questioni talmente misere che non vale la pena raccontare, siamo rimaste senza società, senza squadra, senza campionato, dopo tre stagioni di seconda divisione giocate da protagoniste. Compresa la situazione ci siamo immediatamente attivate, contattando i diversi soggetti sportivi che popolano il panorama cittadino. In città non sono pochi quelli che direttamente conoscono la passione che ci lega alla pallavolo, la voglia con cui, nonostante l’età, il lavoro e le famiglie, continuiamo a sudare nelle palestre e a lottare nei palazzetti. E tutti, va detto, erano a conoscenza della nostra momentanea difficoltà. Eppure nessuno ci ha aiutato, nessuno si è prodigato per cercare di trovare una soluzione ragionevole per non mettere alla porta dieci ragazze tra i 20 e i 30 anni. Alcuni ci hanno semplicemente ignorato, lasciando suonare a vuoto i cellulari quando i tempi per l’iscrizione a un campionato iniziavano a essere maturi. Altri ci hanno messo sul tavolo proposte che ben poco hanno a che fare con lo spirito che, forse ingenuamente, crediamo debba regolare le dinamiche sportive, specie quando non professionistiche, come quelle della nostra città, fatte salve un paio di eccezioni. Per farla breve, tra imbarazzanti silenzi, paventati problemi organizzativi, prezzi di palestre esorbitanti e preventivi, l’unica soluzione percorribile per restare in città e giocare in un campionato prevedeva l’esborso di una cifra ingente che non eravamo e non siamo in grado di coprire. Per il resto tabula rasa. Alla fine di agosto il nostro addio alla pallavolo sembrava cosa scontata. Poi sono arrivati i dirigenti di Foligno. In principio erano interessati solo ad alcune di noi, ma compresa la situazione hanno chiesto di incontrarci tutte e in quella sede ci hanno proposto di inserirci, in toto, negli organici delle due squadre di prima e di seconda divisione. Ci siamo ufficialmente presentate alla città di Foligno e abbiamo iniziato questa nuova esperienza da emigrate. Una ‘famiglia’ noi siamo riusciti a trovarla, la questione è chiusa e un nuovo campionato è già iniziato e, ma un paio di cose crediamo di avere il diritto di precisarle, se non altro per tentare di scongiurare il ripetersi di episodi almeno sgradevoli. Nei tanti anni trascorsi nelle palestre della città ci eravamo convinte, e malgrado tutto lo siamo ancora, che lo sport fosse sinonimo di rispetto, responsabilità, socialità e sì, pure di solidarietà. Sappiamo cos’è una squadra, quanto è bello e complicato far funzionare un gruppo, conosciamo il sano agonismo senza il quale lo sport perderebbe un connotato fondamentale. Quello che, fortunatamente, abbiamo ignorato finora è l’esclusività dello sport. Essere messe alla porta è già di per sé spiacevole, ma se a chiudere a doppia mandata le serrature è la città in cui si è nate e cresciute, non solo pallavolisticamente, la delusione e l’amarezza diventa immensa. Nell’ultimo mese e mezzo, a malincuore, abbiamo preso coscienza che, nonostante il grande progetto unitario in atto, che come tanti abbiamo per anni auspicato, e malgrado le piccole realtà ancora attive, nella nostra città non c’è più posto per noi, dieci atlete spoletine da anni sui campi di pallavolo.
(lettera firmata le emigranti)

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