Wilfredo Leòn, un elefante a Perugia

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Marzo 5, 2019 12:00 Updated

Wilfredo Leòn, un elefante a Perugia

Leòn Wilfredo (calma)

Wilfredo Leòn (foto Michele Benda)

La Sir Safety Conad Perugia è sempre sotto i riflettori della superlega maschile. D’altra parte da due anni è la capolista del campionato più competitivo del mondo. Nelle sue fila ci sono grandi campioni, ma la cosa curiosa è che quelli più in vista delle ultime stagioni hanno indossato il numero nove sulle spalle. È però l’unica cosa che accomuna l’onnipresente influencer Zaytsev da un Leòn che preferisce i fatti alle chiacchiere. Una interessante intervista è stata pubblicata nei giorni scorsi su Dazn con il popolare Zorro, alias Andrea Zorzi, che ha fatto conoscere meglio il fuoriclasse cubano Wilfredo Leòn che ha chiarito innanzitutto il perché della scelta di quel numero: «A Cuba il nove è il numero dell’elefante. Io mi identifico molto con l’elefante perché è un animale che quando fa un passo, è un passo grande e imponente e sei sotto quel piede, non c’è scampo. Non ha fretta, perché poche volte si vede un elefante che corre veloce. È grosso, forte, è un animale che abita in famiglia ma si trova bene anche da solo perché non ha paura e spesso si vede che anche qualora venisse attaccato da leoni o altri animali è bravo a resistere all’attacco». Si è parlato ovviamente del marchio di fabbrica, ossia della battuta. «Quando vado a fondo campo, anche se ho commesso in precedenza tanti errori, provo ancora a forzare. Se le cose non vanno bene bisogna che rimanga tranquillo per tirare il colpo migliore. A Santiago de Cuba dove sono nato e dove ho cominciato a giocare il mio allenatore mi disse che avevo forza e una buona rincorsa, dovevo migliorare il lancio della palla. Da quel momento ho iniziato a specializzarmi sulla battuta. Non c’erano troppe alternative e mi allenavo con compagni più grandi di due, tre e anche cinque anni, per quello sono sempre stato avanti». E quando le risorse non sono tante capita di fare di necessità una virtù, così quando un pallone si bucava veniva riempito di sabbia e diventava una specie di palla medica. «Non veniva buttato ma riutilizzato per esercitarsi sulla tecnica utilizzando un pallone con maggiore peso. In questo modo sviluppavamo la forza dell’avambraccio e miglioravamo la tecnica». Un professionista vero il talentuoso atleta caraibico che prende seriamente il suo lavoro e non tollera distrazioni quando è in campo. «Per me rimanere concentrato è fondamentale. Per questo non rido tanto quando gioco, altrimenti rischierei di far calare un po’ la tensione». Un passaggio dell’intervista è stato dedicato anche al nuovo ambiente che ha trovato a Perugia e in particolare al rapporto con il tecnico Bernardi. «Stiamo insistendo su tutti i fondamentali a livello di squadra. Individualmente mi sta dando suggerimenti su difesa, ricezione e muro perché sono tre elementi in cui lui crede io possa migliorare tantissimo. E così facendo il mio gioco sarà migliore, ancora più di com’è adesso».

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