Luciano De Cecco: «La stagione è finita qui»

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Marzo 22, 2020 09:00 Updated

Luciano De Cecco: «La stagione è finita qui»

De Cecco Luciano (riscaldamento)

Luciano De Cecco (foto Michele Benda)

Combattere la noia diventa un obiettivo in questo periodo di isolamento obbligatorio, gli atleti della Sir Safety Conad Perugia di superlega maschile lo fanno come meglio possono rimanendo a casa. Chi non è solo ma ha la fortuna di avere la propria compagna con sé riesce sicuramente meglio a superare il momento, malgrado la lontananza dal proprio paese di origine. È così per il palleggiatore argentino Luciano De Cecco che dice: «Siamo a casa, usciamo solo per la spesa alimentare e per andare in farmacia, rispettiamo il decreto governativo. Al momento stiamo bene e non ci manca nulla. Ognuno di noi giocatori ha attrezzi diversi a casa, e dunque gli esercizi che facciamo per tenerci in forma sono differenti l’uno dall’altro, diciamo che ci ingegniamo al meglio che possiamo. Io ho mia moglie Paula in casa e seguo molto lei che essendo una tennista, è molto più abituata di me a fare esercizi singolarmente, fare uno sport individuale abitua ad affrontare questi momenti. Approfittiamo per stare insieme dato che normalmente non abbiamo molto tempo per farlo». Sono cambiate molto le giornate per chi è abituato a condividere gran parte del tempo con i membri di una squadra. «I numeri parlano chiaro, non migliora la situazione, il tempo stringe ed i contratti stanno scadendo. Si dice che alcune società sportive vogliono terminare il campionato ma non credo possa esserci ottimismo al riguardo. Adesso ci sentiamo poco con gli altri compagni di squadra, ognuno è a casa propria e solo se ci sono novità ci sentiamo. Domenica scorsa abbiamo fatto una conference-call in videochiamata e ci è satato detto che fino al 25 marzo non ci saranno di sicuro altre novità. Negli argomenti delle nostre conversazioni non si parla di campionato, champions league e nemmeno mercato, si parla solo di questa emergenza sanitaria e delle misure adottate. La pallavolo è passata in secondo piano». Il tempo a disposizione di ognuno è maggiore del solito, ma come accade ad ogni latitudine si seguono le informazioni che arrivano sui media. «Ho molto tempo a disposizione e leggo un po’ di tutto su internet di quello cosa sta accadendo fuori da casa, sembra di vivere una cosa irreale. Molti giornalisti ci chiamano dall’Argentina per sapere come stiamo, i giornali internazionali danno la fotografia di una Italia dove pare che muoiono tutti. Stiamo chiusi in casa e ci atteniamo alle disposizioni. Quando ho letto la notizia della positività di Earvin Ngapeth al Covid-19 ho subito pensato che la pallavolo per questo anno è finita. Gli unici campionati che rimanevano ancora aperti erano quello russo e quello turco, adesso neppure loro giocano più, hanno problemi ed hanno capito che dovevano sospendere, le speranze di riprendere si sono dunque esaurite. Siamo tutti in pericolo e anche noi che facciamo sport non possiamo essere immuni». Guardando indietro non si può fare a meno di pensare che esattamente un mese fa si disputava la competizione di coppa Italia che avrebbe potuto essere un’enorme causa di contagio. «Sinceramente non so se ha rappresentato un rischio concreto, al tempo nessuno immaginava che si sarebbe arrivati a questo punto. Ad ogni modo se fosse stato pericoloso saremmo stati contagiati in molti visto che eravamo tutti dentro al palasport di Casalecchio». Ovviamente uno straniero residente all’estero segue anche con attenzione le notizie che arrivano dal proprio paese. «In Argentina ci sono un centinaio di casi positivi, è stata instaurata la quarantena collettiva, spero che la gente capisca che bisogna rispettare le normative perché è un territorio quattro volte l’Italia e controllare tutti non è nemmeno semplice. Per quello che so c’è molta attenzione e diverse iniziative per rispettare le regole. Spero che ciò che è accaduto in Italia due settimane fa non accada in Argentina. Vedo che molte persone vanno sulla costa e non sono consapevoli del pericolo. In Argentina siamo solo all’inizio mentre in Italia il contagio è già in fase avanzata, ma io e Paula non abbiamo mai valutato di tornare a Santa Fe, se tornerò in Argentina è per giocare con la squadra nazionale o visitare la mia famiglia». Inevitabile proiettare la mente al domani, anche se le nubi all’orizzonte sono ancora tante per capire quali possano essere le previsioni. «Non penso che in futuro si modificheranno molto i rapporti umani, la relazione sarà la stessa con un collega o un amico, la vita non cambierà perché per qualche mese siamo rimasti a distanza. Vedremo quello che accadrà, stiamo soffrendo per qualcosa che non sappiamo come è cominciato e come finirà, in definitiva non possiamo controllarlo. Aspettiamo con fiducia che un giorno ci dicano che tutto sta tornando alla normalità e in quel momento ci rimboccheremo le maniche e ricominceremo daccapo. Se il Giappone stabilirà che le Olimpiadi si svolgono, credo che ogni atleta di ogni singola disciplina deciderà se vuole andare o meno, penso che in questo caso avranno preso tutte le precauzioni del caso per celebrarle in sicurezza».

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