Marco Corzani: «Contro la pandemia facciamo squadra»

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Marzo 30, 2020 10:00 Updated

Marco Corzani: «Contro la pandemia facciamo squadra»

Corzani Marco (camice)

Marco Corzani

Per uno specializzando all’ultimo anno di ortopedia e traumatologia, fare un’esperienza lontano da casa significa cercare di migliorare le competenze per il futuro professionale. A raccontare la storia dall’ospedale Borgo Trento di Verona, una delle zone più critiche per quanto riguarda l’emergenza sanitaria, è il centrale Marco Corzani, giocatore sino allo scorso anno del Monteluce in serie B maschile: «Stiamo vivendo una situazione assolutamente fuori dall’ordinario. La città di Verona ed il Veneto in generale sono stati colpiti duramente, non quanto la Lombardia, ma si contano centinaia di nuovi casi ogni giorno. Vorrei chiarire che non mi trovo direttamente in prima linea nell’affrontare questa emergenza ma descrivo l’atmosfera irreale che si respira passeggiando per i corridoi dell’ospedale, dalla sala d’ingresso, agli ambulatori ortopedici, c’è un silenzio sospeso quasi a ricordare che la battaglia si sta combattendo da un’altra parte. In pronto soccorso è un’altra storia, la struttura è stata modificata profondamente in modo da poter circoscrivere i potenzialmente infetti dagli altri pazienti e tutti i sanitari sono dotati di ogni presidio per poter lavorare con sicurezza, le mascherine sono diventate un bene prezioso, vengono conservate sotto chiave ed è possibile averne solo una a testa per evitare inutili sprechi. In ortopedia non si vedono più i codici bianchi che in genere provocano file insormontabili di persone, ormai solo i traumi veri arrivano alla nostra osservazione, peraltro dopo alcuni giorni, in quanto i pazienti giungono in pronto soccorso solo se veramente costretti. Parlando con i colleghi anestesisti, medici d’urgenza ed infermieri si ha l’impressione di avere di fronte persone spaventate dai rischi che può comportare lavorare a stretto contatto con un virus sconosciuto, ma allo stesso tempo completamente assorbite e concentrate nel voler portare a termine questa difficile missione; trasmettendo la voglia di poter dare il proprio contributo anche a chi non si trova in prima linea. Al giorno d’oggi questa dedizione non è una cosa scontata, la categoria dei medici negli ultimi anni è stata messa sempre più a dura prova, dal percorso di formazione reso sempre meno lineare, alla pressione data dall’immaginario collettivo in cui il dottore è l’unico vero responsabile della guarigione o sofferenza dei nostri cari, persino dell’eccessiva attesa in pronto soccorso (le cose fatte bene richiedono il giusto tempo). In questo periodo particolare si parla di eroi, ma in realtà questi eroi ci sono sempre stati, è un esercito silenzioso che ha continuato a fare il proprio dovere. Personalmente credo che questa situazione possa essere vista come una prova di maturità, l’unità di un paese non può venir fuori unicamente durante i mondiali di calcio, è nei momenti del bisogno che si vede di che pasta siamo fatti; come in una squadra di pallavolo ognuno deve svolgere la propria parte, consapevole di poter avere tra le mani la palla che può garantire il break decisivo. Gli uomini di sport sono forse i migliori a rappresentare questo ideale, in una squadra non si possono ottenere grandi risultati se non è presente in ognuno rigore, sacrificio e dedizione; è condividendo la responsabilità che si vincono le sfide più importanti».

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