Roberta Rossi: «Il bisogno di investire nella ricerca»

Pianeta Volley
By Pianeta Volley Aprile 2, 2020 11:00 Updated

Roberta Rossi: «Il bisogno di investire nella ricerca»

Rossi Roberta (laboratorio)

Roberta Rossi in laboratorio

Si fa un gran parlare in queste settimane degli errori compiuti in passato dalla politica che non ha adeguatamente finanziato i settori fondamentali come quello scientifico, privilegiando l’aspetto economico. Sono emerse le teorie più diffuse sulle varie testate giornalistiche che si accorgono ora, al pari della popolazione, di quanto importante sia investire nella salute. Chi ne ha piena consapevolezza sono i biologi, come Roberta Rossi, ex giocatrice di pallavolo (ultima apparizione nel 2015 ad Ellera), che racconta l’attività del suo comparto: «Lavoro nel laboratorio di Ematologia dell’Università di Perugia da circa quindici anni, mi occupo sia di attività di ricerca che di diagnosi. In questo periodo così difficile l’attività di ricerca è stata sospesa mantenendo solo l’attività diagnostica, essenziale per la valutazione di leucemie e linfomi. I maggiori centri di ricerca italiani hanno messo a disposizione le loro strutture e i loro ricercatori per rispondere a questa emergenza. Tutti i miei colleghi sono impegnati da casa in smart-working (scrivendo articoli, valutando dati ottenuti, studiando e programmando nuovi esperimenti). Per quanto riguarda l’attività correlata al Covid-19 alcuni colleghi biologi si sono offerti di supportare il lavoro dei colleghi di microbiologia, impegnati nel grande compito di screening dei tamponi e dei test sierologici rapidi. Anche se il nostro non è un lavoro di prima linea, come quello dei medici e degli infermieri, è comunque fondamentale nella lotta a questo virus. Molti ricercatori in tutto il mondo si sono subito impegnati a studiare i meccanismi della malattia per lo sviluppo di cure e la messa a punto di vaccini. Il lavoro del ricercatore è un lavoro di squadra, proprio come nella pallavolo, dove tutti i collaboratori, con diversi compiti ma uguale impegno, fanno la loro parte per identificare i casi, studiare il meccanismo d’azione del virus, testare possibili farmaci, attuare il protocollo di gestione clinica ed infine trovare un vaccino sicuro. Il nostro è un lavoro da dietro di quinte, che ha permesso prima di identificare questo nuovo virus, denominato 2019-nCoV, che ancora non conoscevamo, grazie al lavoro meticoloso ed incessante di tre donne biologhe dell’istituto Spallanzani di Roma, prima struttura al mondo ad averlo isolato. Ciò permette di sequenziare l’intero genoma virale e di confrontarlo con i ceppi isolati in Cina e negli altri paesi, dandoci la possibilità di studiarlo, capire i meccanismi della malattia ed individuarne le cure. Le sequenze ottenute rapidamente e la loro condivisione con la comunità scientifica sono fondamentali per comprendere meglio l’epidemiologia e la diffusione di Covid-19. La disponibilità tempestiva delle sequenze è cruciale durante gli eventi epidemici: più numerose sono le sequenze complete del virus, meglio si riesce a tracciarne la traiettoria evolutiva del virus, individuare possibili varianti più patogene, monitorare costantemente l’affidabilità dei metodi diagnostici, identificare i target per un potenziale vaccino, e tracciare le catene di trasmissione. Inoltre, una volta stabiliti i farmaci ad azione antivirale diretta, il sequenziamento sarà fondamentale per monitorare la comparsa e la diffusione delle mutazioni di resistenza alle terapie antivirali. I prossimi passi saranno continuare a sequenziare più campioni, determinare il significato biologico delle varianti geniche e studiare il percorso evolutivo del coronavirus. Questi dati preliminari necessitano ovviamente di conferme e ulteriore analisi, ma pongono le basi per una migliore comprensione di questo nuovo virus che costituisce una seria minaccia per l’umanità. È decisivo quindi che i ricercatori abbiano a disposizione strumenti sempre più accurati per capire meglio il comportamento di questo patogeno e cercare di anticiparne la traiettoria evolutiva, per questo il lavoro della ricerca non va abbandonato per riuscire a giocare d’anticipo contro il ‘nemico’. Ad oggi, a pandemia in corso, purtroppo i dati clinici sono abbastanza limitati. Per contrastare e curare gli effetti dell’infezione da nuovo coronavirus l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato il via libera alla sperimentazione di diverse tipologie di farmaci. Due vaccini sono già entrati nella sperimentazione clinica di fase-1, che richiede volontari sani. È però difficile prevedere quando questi saranno pronti. Sulla base delle informazioni disponibili e delle esperienze passate, si stima, comunque, che ci possa volere almeno un anno prima di averne un pronto per essere approvato e disponibile in sufficienti quantità per un uso diffuso. Tutto ciò dovrebbe far riflettere i futuri governanti sull’importanza della ricerca (e della Sanità), dove invece di tagliare andrebbe investito per la salute di tutti».

Rossi Roberta (tuta)

Roberta Rossi

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