Angelo Lorenzetti: «Perugia punta a crescere»

Lorenzetti Angelo
Angelo Lorenzetti

A distanza di qualche settimana dall’epilogo estremamente felice della stagione, la società sportiva della Sir Susa Vim Perugia ha voluto incontrare ancora la stampa. Dopo aver metabolizzato la vittoria della champions league e le emozioni conseguenti il club bianconero ha organizzato una conferenza stampa con l’allenatore Angelo Lorenzetti che ha riassunto il suo pensiero sull’annata agonistica: «Per prima cosa vorrei ringraziare il club, ma soprattutto i giornalisti perché questa iniziativa degli incontri in conferenza stampa è stata molto valida, una presenza costante svolta in un clima gradevole. È qualcosa che ho percepito non solo quando ero io il protagonista, ma anche quando i ragazzi tornavano in palestra tranquilli dopo le loro conferenze, penso che questo sia un merito di tutti, questi momenti aiutano a far crescere anche la cultura del luogo, secondo me è il presupposto per imparare, se da una parte o dall’altra, spero che possa essere un’esperienza che si possa ripetere anche l’anno a venire. Per quel che riguarda il voto, in una scala da zero a dieci, mi do voto sette, manca la semifinale di coppa Italia, e la semifinale scudetto. Voglio approfittare di questo appuntamento finale perché, dopo un evento così importante come la champions league, magari si dà poco attenzione e poco rispetto a quello che è successo dietro le quinte. È stato un anno in cui il livello di cura, di attenzione, di rispetto reciproco in palestra dal mio punto di vista è stato altissimo, la conoscenza reciproca ha inciso e questo ci ha consentito di stare più attaccati alla classifica, ma soprattutto di giocare un po’ meglio rispetto all’anno prima. Avevamo un’eccellenza per il cambio-palla, un’eccellenza per la battuta e per la fase-punto, quest’anno le due fasi erano molto più equilibrate. Questo lavoro, questo miglioramento che io notavo nei numeri, ha portato a raccogliere meno dell’anno precedente. Ciò è stato fonte in quei momenti di analisi profonda. La semifinale di coppa Italia non è stata un rammarico grandissimo, è chiaro che dopo la partita di Trento sono successe tante cose velocemente, non dico che non eravamo pronti, però ci siamo trovati in una situazione diversa da quella che avevamo preparato, c’è stato un po’ di scombussolamento. Ci ha colto impreparati, tra infortuni e calendario complicato. Dopo, abbiamo rivisto il nostro gioco, soprattutto sul cambio palla diretto, che era il nostro punto forte l’anno precedente. Abbiamo dovuto trascurare qualcosa della fase break, ma il percorso fino alla semifinale play-off è stato netto. Contro Civitanova, Marche invece, c’è stato un crollo improvviso e rapido. Oltre alla tecnica, abbiamo riflettuto su aspetti emotivi e individuali, lavorando anche con alcuni giocatori. Quel colpo l’abbiamo gestito con maturità, ci ha preparati al successivo appuntamento di champions league. Contro squadre fisiche come lo Jastrzebski o più tecniche come Ankara, non era scontato farcela. Abbiamo giocato in modo diverso, ma senza subire la pressione, è un salto di qualità importante. Non parliamo di attributi, ma di gestione delle emozioni. Si deve sapere cosa si vuole diventare, non cosa si deve difendere. Quando sono arrivato ho introdotto la distinzione tra titolari e non titolari. Forse serve un nuovo approccio, nessuno è titolare, ma tutti devono diventare tali. Bisogna saper entrare in partita e anche rientrare, una semifinale non finisce quando vieni sostituito. Spesso si sottovaluta l’importanza della narrazione. Parlo di costruzione di un’identità. Il linguaggio non è neutro, e va usato con responsabilità. Bisogna sapere da dove si parte e dove si vuole andare. A livello tecnico abbiamo migliorato molto in ricezione positiva, ma non abbastanza in quella negativa. Se tornassi indietro, forse ricalibrerei il lavoro in palestra. Il primo pensiero dopo aver vinto la competizione europea è stato per i ragazzi, mi sono emozionato parlando con loro. Dopo lo schiaffone con Civitanova Marche i giocatori hanno avuto una postura nobile, schiena dritta e rispetto reciproco. Questo mi ha toccato. La serie per il terzo posto è stata fondamentale. Ci ha permesso di uscire dal dolore della semifinale. I ragazzi hanno resistito, non solo all’avversario, ma alla frustrazione. Il pubblico ci è stato vicino e ci ha sostenuto anche dopo l’eliminazione. Non si può sempre vincere, ma si può sempre imparare. L’anno scorso abbiamo vinto tutto, quest’anno abbiamo mancato due semifinali ma vinto la champions league. Non si tratta di sacrificare un obiettivo, ma di saper imparare anche dalle sconfitte. Non saremo più testa di serie in coppa, quindi l’obiettivo sarà passare il girone con ogni mezzo. L’anno scorso puntavamo a non perdere set per il ranking, ora conterà solo avanzare. Dobbiamo andare a caccia delle finali. In due anni, questa squadra ha giocato otto competizioni, sei finali vinte e due semifinali perse. In questi due anni abbiamo avuto tre titolari e due che hanno lavorato molto, ma che in campo erano un po’ sotto ai compagni. Serve un quarto schiacciatore competitivo. Dzavoronok, pur con l’infortunio, può esserlo. Non gli chiediamo di essere pronto subito, ma vogliamo accompagnarlo nel recupero. Nel mercato non ho chiesto nomi, abbiamo condiviso tutto con Vujevic e con la società, il presidente poi ha l’ultima parola, com’è giusto che sia».