Ilaria Vagni, arbitra la finale scudetto

Non si arresta la scalata verso nuovi ed entusiasmanti traguardi per l’arbitro perugino Vagni che, a pochi giorni dalla designazione per la finale della champions league femminile, ha ricevuto un altro prestigioso incarico. La cinquantaduenne professionista di ruolo nella massima categoria dal 2003 ed in possesso del brevetto internazionale del 2011, ha già diretto sei finali scudetto femminili in carriera, ma stavolta fischierà, come primo arbitro, la sua prima finale scudetto maschile. È la prima volta in assoluto che una donna è chiamata ad arbitrare la finale dei play-off del campionato italiano come primo arbitro, cosa che le era negata da regolamento per la presenza della squadra di Perugia negli anni precedenti. La commissione arbitri nazionale l’ha designata per gara-due della serie finale di scudetto maschile tra Civitanova Marche e Trento che sarà giocata alle ore 20,30 di giovedì 4 maggio con diretta televisiva su Rai Sport. Questo il commento di Ilaria Vagni: «Chiaramente è una soddisfazione enorme, la finale scudetto maschile è l’obiettivo importante di una intera stagione. Gli arbitri lavorano tutto l’anno per raggiungere questo traguardo, quando arriva è una felicità enorme. Questo mese di maggio sarà eccezionale, la finale di champions league femminile, oltre quello che rappresenta la competizione più importante per club, si giocherà a Torino, perciò è come giocarla in casa. Questa prima finale scudetto maschile egoisticamente la dedico innanzitutto a me stessa, per tutto il lavoro che c’è dietro, per i sacrifici, non tutti capiscono cosa significa stringere i denti quando le cose non vanno benissimo. Un pensiero va anche alla mia famiglia, che mi ha sempre supportato e a volte anche sopportato, spesso ho dovuto essere assente per dedicare il tempo a questa attività. È naturale che il mio processo di maturazione è dovuto anche agli insegnamenti che ho tratto dai miei colleghi, quelli veri, che mi hanno aiutato a crescere. Sono in debito con chi ha creduto in me e mi ha dato una possibilità, ma anche a chi non l’ha fatto, perché inconsapevolmente mi ha reso più forte».

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