
Il conto alla rovescia è scandito da allenamenti tecnici e sedute pesi, l’appuntamento imperdibile è giovedì 24 aprile al palasport di Pian di Massiano quando si registrerà un nuovo tutto esaurito. La Sir Susa Vim Perugia si prepara a gara-cinque della semifinale nei play-off scudetto con la consapevolezza delle difficoltà che l’attendono ma anche di avere le carte in regola per vincere. In vista dello spareggio da dentro o fuori ha parlato il tecnico Angelo Lorenzetti: «Innanzitutto si chiama gara-cinque ma non è giudizio universale, non è che siamo chiamati a salvare il pianeta. Quindi c’è innanzitutto l’idea di una bella sfida che i ragazzi vogliono affrontare con aggressività, serietà e anche con un pizzico di libertà, che non guasta. Proprio su questo tema, in queste due partite, avevo pensato di essere riuscito con i ragazzi a fare un passettino in avanti, ma i fatti mi dicono che non sono stato così bravo. Per questo devo chiedere scusa alla squadra, ma certamente non mollo. Le statistiche sono importanti ma non dicono tutto. Come diceva un allenatore americano le statistiche sono come il bikini, fanno vedere molto ma nascondono l’essenziale. Secondo me quello che è importante per noi è anche quello che c’è dentro, nascosto in quelle statistiche. Dobbiamo scoprirlo, lavorarci e buttarlo nella mischia in gara-cinque. In generale nell’ultima partita il pallino era in mano loro. Ci sono stati momenti in cui abbiamo dato tanto, siamo scesi di livello, ma questo è coinciso con momenti decisivi e ha creato la spaccatura. Quando si perde sembra che tu precipiti e gli altri volino, ma questo è il classico andamento di una serie, un equilibrio che si muove. In questo movimento noi dobbiamo essere determinati a portarlo dove vogliamo. La battuta non è stata in linea con le nostre prestazioni stagionali, ci ha dato tanto ma in quella situazione in cui ha fatto cilecca ci sarebbe servita ancora di più. Non abbiamo mai gonfiato il petto quando la battuta è stata decisiva, ora non dobbiamo chinare il capo perché non è andata. Giocare con tre schiacciatori non è nei miei pensieri. Non posso dire che in due anni non ci ho pensato, ma in questo momento no. Non sono uno psicologo sportivo. Sono convinto che la pressione c’è. Sono anche convinto che la bella non sia il giudizio universale. Ogni sfida va attraversata. Questa è una squadra che dopo la coppa Italia ha vinto, ora si trova a gestire due sconfitte. È un compito impegnativo, certamente non diciamo che va tutto bene. Come abbiamo gestito altro in passato, dobbiamo farlo ora. Ogni momento è una prova. Prima di superarla, bisogna chiedersi chi si vuole essere in quella prova e cosa si è disposti a lasciare per superarla. Sono cose intime che in una squadra fanno uno più uno. Abbiamo lavorato per questi momenti. Che tutto debba funzionare solo perché ci abbiamo lavorato sarebbe ingenuo crederlo. Personalmente cerco di essere lucido, carico, presente. E anche umile, perché non tutto dipende da me. La gestione degli schiacciatori prevede che bisogna stare in campo anche nelle difficoltà per crescere. Ovvio che ogni situazione è diversa, c’è ancora del tempo per valutare, ma i principi restano. Penso di essere stato coerente con il mio modo di vedere le cose. Ciò che fai oggi non è neutro rispetto alla prossima partita, non tanto nelle scelte iniziali quanto al momento in cui certe situazioni si ripresentano. Bisogna entrare in campo senza pregiudizi, ma sapendo che certi meccanismi possono scattare. Questo devo gestirlo io durante la partita. Ogni prestazione è frutto di tecnica, tattica, fisico e mente. Nei limiti delle mie capacità cerco di dire qualche parola utile a noi. Ho imparato che la performance è data dal talento meno le interferenze. Le interferenze sono i linguaggi, le conversazioni, le false credenze. Se riesco ad abbassare le interferenze, il talento dei ragazzi rimane intatto e la performance cresce. Non so se ci riuscirò, ma ci provo».